Alice nel paese delle meraviglie

Lewis Carrol

NOTA

L’opuscolo che pubblichiamo è la traduzione italiana di un libretto in lingua inglese, in circolazione in Sicilia, portante il titolo: “Alice in Wonderland” e come indicazione di autore:

Lewis Carroll, senza nessun’altra indicazione di luogo o di data.

In merito al luogo di stampa non è possibile fare congetture sufficientemente attendibili, trattandosi di un opuscolo clan destino che, con molta probabilità deve essere stato stampato all’estero (Amsterdam o Bruxelles?); mentre riguardo la data, il contenuto e le ipotesi avanzate (riflettenti una implicita critica al mito terzomondista) lasciano supporre il 1976 come anno di redazione.

Si tratta di una dettagliata analisi — o meglio di un vero e proprio programma — per un’organizzazione siciliana di lotta di liberazione nazionale.

L’Italia è divisa in un Nord industrializzato e un Sud prevalentemente agricolo. La differenza è tuttora enorme a trent’anni dalla fine della guerra. Ogni tentativo di risolvere il problema meridionale ha avuto risultati negativi. In Sicilia gli effetti di questa situazione sono evidenti al massimo grado.

I dati della produzione agricola e industriale, dall’unificazione alla fine degli anni ‘60, ci mostrano chiaramente che cosa lo Stato unitario ha preteso dalla Sicilia:

— fornire capitale attraverso le rimesse degli emigrati, le tasse e il debito nazionale;

— fornire forza lavoro a buon mercato attraverso l’emigrazione al Nord;

— fornire prodotti agricoli in cambio di prodotti industriali, il cui tasso di scambio è estremamente privilegiato.

In questo modo lo sviluppo del Nord è garantito attraverso lo sfruttamento e la schiavitù del Sud. Se ciò si mantiene, non c’è dubbio che non possiamo far nulla per migliorare la condizione del popolo siciliano.

Lo sfruttamento dei lavoratori siciliani viene portato avanti in due modi ben precisi, che sono collegati tra loro:

— quello diretto, esercitato dalla borghesia locale;

— quello indiretto, esercitato dalla borghesia del resto della penisola e dalle altre nazioni.

Il risultato è che il popolo siciliano finisce col pagare il costo del primo e gli interessi del secondo.


LO SVILUPPO DEGLI STATI MODERNI

E’ caratterizzato da una serie di imposizioni esterne. Le unità etniche vengono distrutte, costrette a sottomettersi alla centralizzazione amministrativa e allo sfruttamento crescente.

Il caso dei Paesi Baschi è molto indicativo. Il Nord occupato dall’esercito cercò di resistere alla centralizzazione francese ma non vi riuscì. Vinto esso rimase isolato dallo sviluppo francese e ridotto a “una felice area verde”. Le piccole imprese agricole locali non possono raggiungere il mercato francese e muoiono. L’unica coltivazione esistente, il mais, è stato monopolizzato da pochi finanzieri parigini che stanno rovinando gli agricoltori locali. La campagna si spopola, muore.

Il Sud è stato annesso alla Spagna dopo la vittoria dell’esercito nella guerra carlista. Questo ha permesso al capitale europeo (soprattutto inglese) di sfruttare le miniere basche ricche di ferro. Vi si è sviluppata una industria pesante, tecnicamente superata, ma che si regge su uno sfrutta mento inumano dei lavoratori baschi ridotti in schiavitù.

Allo stesso modo la Sicilia, dopo l’unificazione, oggettiva mente ridotta ad un’area sottosviluppata a rimorchio dello sviluppo del Nord, ha prodotto una classe di grandi proprietari terrieri (degni eredi della nobiltà borbonica) che costringono i braccianti a lavorare da 12 a 14 ore giornaliere.


DISTRUZIONE DELLA LINGUA ORIGINARIA

Uno dei mezzi impiegati dalla borghesia locale, al servizio della borghesia internazionale cui essa è legata da comuni interessi, è la distruzione della lingua locale. In Sicilia è proibito parlare siciliano.

Umilianti punizioni vengono somministrate ai figli del proletariato, che non riescono ad esprimersi correttamente a scuola.

Anche a livello di ricerca e di studio, il siciliano viene adesso degnato d’interesse da una minoranza di stupidi pasticcioni dell’informazione che, a parte rare eccezioni, s’accontentano di considerare solamente l’aspetto esteriore della lingua e non il suo aspetto più importante, quello di strumento liberatorio a livello strutturale.


IMPOSSIBILITA’ DI UN DISCORSO SEPARATISTA TRADIZIONALE

Il separatismo tradizionale era basato sulla nozione romantica secondo cui la borghesia interna, solo per il fatto di essere siciliana, fosse meno pericolosa di quella esterna.

La borghesia è tutta uguale.

L’argomentazione di una riduzione quantitativa dello sfruttamento a seguito dell’eliminazione della borghesia straniera, non ha fondamento. La persistenza della borghesia locale, interna, la borghesia su base etnica, garantirebbe il fallimento di qualsiasi tentativo separatista.


INTERNAZIONALISMO PROLETARIO RIVOLUZIONARIO

La borghesia interna è uguale a quella esterna: ambedue sono nemici irriducibili e devono essere sconfitte allo stesso modo. Ciò non può essere fatto partendo da una concezione separatista, ma occorre riprendere in considerazione i principi generali della lotta di classe; una lotta proveniente dalla base, una lotta sviluppata nel nome del popolo e non nel nome di una casta indigena dominante. Noi dobbiamo condannare tutte le borghesie, tutte le minoranze privilegiate; dobbiamo condannare ogni discorso autoritario che intenda passare sopra la testa del popolo; ogni deformazione della lotta di liberazione nazionale che, al contrario, deve essere intesa come lotta internazionalista e rivoluzionaria.

La lotta di liberazione nazionale, sviluppata nel nome di una borghesia interna diventa un orrendo macello a profitto dei nuovi padroni, un mostruoso crimine commesso a spese del popolo. Ecco perché, per essere rivoluzionaria, la lotta deve essere orientata verso l’internazionalismo.

Un paese che realizza una rivoluzione nazionale tenendo presente una dimensione internazionale, può essere certo di trovare appoggio internazionale nell’attività e nello sforzo rivoluzionario del proletariato di altri paesi.

In questo modo la lotta di classe resta un fatto mondiale, non limitato alle aree di sottosviluppo. L’interlocutore privilegiato resta pertanto ancora il proletariato rivoluzionario di tutto il mondo, il proletariato che lotta per la sua emancipazione, dato che l’emancipazione del lavoratore o sarà opera sua o non sarà affatto.


L’ORGANIZZAZIONE RIVOLUZIONARIA INTERNAZIONALISTA PER LA LIBERAZIONE NAZIONALE

Dev’essere un’organizzazione socialista e rivoluzionaria per la liberazione nazionale, diretta a sostenere l’internazionalismo proletario. Deve proporre un programma rivoluzionario che abbia come obiettivo la formazione di un’organizzazione federale di collettività produttive collegate da rapporti associativi stabiliti con decisioni prese alla base. La struttura dell’organizzazione deve essere quella di gruppi autonomi di lavoratori riuniti con accordi federali, secondo le diverse attività lavorative. Parallelamente a questa organizzazione del lavoro deve essere creata un’organizzazione amministrativa federalista, con il comune come base. L’insieme coordinato di queste due strutture federali, quel la produttiva e quella amministrativa, costituisce la struttura socialista definitiva della collettività siciliana del futuro. E’ in questa prospettiva, basata sull’autonomia dei lavoratori, che dobbiamo modellare l’organizzazione internazionalista per la liberazione nazionale che deve predisporre la realizzazione di questa collettività socialista siciliana nella sua interezza. Questo progetto richiede lo sviluppo di una cultura siciliana, con l’obiettivo di riscoprire e porre in rilievo gli aspetti storici e tradizionali del popolo siciliano. Ma questo processo di riscoperta non deve essere puntato all’esaltazione nazionale, da cui una separazione autarchica e relativa cristallizzazione di valori (tutto ciò che è siciliano diventa il meglio), ma, al contrario, deve essere un modo di aprirsi all’esterno, controllando la deformazione culturale che la borghesia impone in tutto il mondo e facendo di tutto per distruggerla.

Il nostro progetto non deve essere basato su un piano di riforma a lungo termine, nell’illusione che le riforme possano davvero migliorare lo standard di vita della classe lavoratrice.

Come organizzazione rivoluzionaria dobbiamo avviarci ad attaccare le fondamenta del sistema, distruggendo alle radici lo sfruttamento proveniente dalla produzione capitalista. E’ per questo che miriamo all’abolizione del lavoro salariato e della proprietà privata.


LA NOSTRA LOTTA PER L’INDIPENDENZA

La lotta contro la borghesia interna parallelamente alla lotta contro la borghesia esterna. L’idea di una Sicilia libera contemporanea alla liberazione dell’Italia nella sua eterogenea complessità è possibile, ma crediamo più facilmente realizzabile la liberazione della Sicilia e la formazione di una collettività socialista, e ciò a causa della spaccatura esistente in Italia tra zone sviluppate e zone sottosviluppate.

Realizzando la liberazione della Sicilia esploderebbe il meccanismo economico del sottosviluppo che garantisce oggi l’esistenza dello stato capitalista unitario italiano. Naturalmente, come socialisti e rivoluzionari, affermiamo che intendiamo separarci dall’Italia borghese, ma che saremo sempre al fianco e uniti col proletariato italiano, come con quello di tutti gli altri paesi del mondo.


PROPAGANDA PER L’INDIPENDENZA

Per realizzare il progetto d’indipendenza che abbiamo tratteggiato è innanzitutto necessario coprire tutti i settori in cui la propaganda dei padroni è impegnata. I settori della cultura, dell’informazione quotidiana, dell’informazione politica, del divertimento, dello sport, ecc.

Tutto ciò interessa un vastissimo campo che non può essere coperto in un breve periodo, la propaganda deve contenere un programma a medio termine sulle varie azioni da realizzare.

1) Cultura. Incoraggiamento e sostegno di tutte le iniziative serie, cercando di studiare il problema siciliano a tutti i livelli culturali: letterario, storico, economico, sociologico, scientifico.

2) Sindacati. Sviluppo di una critica documentata e più ampia possibile della loro azione attuale e della loro azione tesa            a sostenere lo sfruttamento portato avanti dai padroni. Formazione di gruppi autonomi di massa, direttamente sui posti di produzione, indipendenti dai sindacati e pronti a lottare e ad organizzarsi autonomamente per esigere migliori condizioni anche di salario, ma utilizzando mezzi adatti, da svilupparsi anche a livello militare (ad esempio: sabotaggio, scioperi selvaggi, occupazione delle fabbriche, rallentamento dei tassi di produzione, ecc.).

3) Scuola. Sviluppo di una critica del metodo pedagogico in generale e del ruolo della scuola, ad ogni livello, nel nostro paese. Formazione di gruppi di studenti per l’elaborazione teorica degli elementi della lotta rivoluzionaria per l’indi pendenza.

4) Produzione. Studio delle varie aree della Sicilia e della loro produzione locale. Preparazione di un programma generale di possibile coordinamento nel medio e lungo termine. Esame sociologico delle varie forze produttive.

5) Repressione. Indagine particolareggiata delle forze repressive oggi esistenti, loro localizzazione, dimensioni, mezzi a loro disposizione, possibilità di movimento, controllo a distanza, indicazioni di punti operativi. In questo studio deve essere approfondito anche il possibile ruolo delle basi americane in una situazione rivoluzionaria (ad esempio: Sigonella).

6) Espropriazione. Indagine sui capitalisti più importanti, sulle loro abitudini, sui loro metodi di lavoro, proprietà, abitazioni. Ricerca sull’organizzazione e i sistemi di controllo delle banche più importanti. Preparazione di un piano a medio e lungo termine per la cattura dei capitalisti più in vista.

7) Politica. Indagine sui diversi partiti politici a livello di quadri militanti. Esame teorico della possibilità di un’alleanza operativa con determinati partiti che si dichiarino di sinistra. Preparazione di un piano diretto a bloccare gli elementi più rappresentativi e quindi più pericolosi dei diversi partiti, anche di quelli che si dichiarano alleati della lotta di liberazione.

L’insieme di questi elementi costituisce, allo stesso tempo, preparazione e documentazione, ma anche lavoro di propaganda.

Non è possibile addentrarci qui nei dettagli, ma facciamo un esempio. Noi riteniamo che i periodi elettorali siano momenti favorevoli al lancio di un’ampia campagna astensionista, che dimostri la futilità del parlamentarismo, la funzione che i partiti di qualsiasi natura svolgono come puntello del potere capitalista, ecc. Campagne del genere potrebbero fungere da primo approccio, soprattutto nei piccoli paesi, al popolo e ai gruppi interessati al problema dell’indipendenza.

Un altro importante elemento propagandistico è l’attività nell’area dei sindacati, attraverso la formazione di nuclei produttivi di base, operanti nei centri di produzione, orientati verso un immediato contrasto contro l’influenza dei sindacati.


LA LOTTA ARMATA

Il programma sopra riportato non può essere scisso dalla necessaria contemporanea preparazione della lotta armata per la liberazione. Si può infatti tranquillamente escludere che il capitalismo si arrenda senza combattere.

Il segnale di inizio della lotta armata, quando il processo propagandistico raggiungerà il necessario punto di maturazione, sarà dato da poche minoranze attive specifiche, che non avranno per questo alcun pretesto per imporre una dominazione militare o qualsiasi tipo di dittatura sul popolo. Il loro obiettivo, in quanto minoranze coscienti, sarà quello di cercare di mettere in moto la rivoluzione sociale di massa, indicando la via delle armi e la sollevazione contro gli sfruttatori interni ed esterni.

In questa situazione la lotta armata segna il momento conclusivo, il più importante di tutto il lavoro rivoluzionario precedente.

La liberazione giungerà solamente attraverso l’insurrezione armata del proletariato.


CHI SONO I NOSTRI ALLEATI ?

Innanzi tutto il proletariato sfruttato di tutto il mondo.

La classe lavoratrice siciliana, che è sempre stata sfruttata da gruppi di potere interni ed esterni, sta cominciando a comprendere che solamente dagli altri sfruttati, ed innanzi tutto dagli sfruttati del resto della penisola, essa può attendere aiuto con l’obiettivo di restituirlo il più presto possibile.

Non si deve dimenticare che ogni popolo, per quanto piccolo sia, ha il suo carattere, il suo modo di vivere, di par lare, di sentire, di pensare, di lavorare; e questo carattere, questo modo di essere, è proprio la radice della sua nazionalità; è il risultato di tutta la vita storica e di tutte le con dizioni dell’ambiente di vita di questo popolo, un fenomeno puramente naturale e spontaneo.

Su questa base l’aiuto può venire da popoli che sono op pressi come noi, ma anche da popoli che hanno cominciato il loro processo di liberazione in senso socialista. Il proletariato internazionale perciò sarà ancora l’oggetto delle no nostre speranze allo stesso modo in cui sarà l’unico obiettivo delle nostre attività future.